10 - Obiettivi finali che il
Progetto si propone di raggiungereTesto italiano
Il principale obiettivo che il progetto si
propone è quello di contribuire a delineare una strategia molecolare che possa
aprire la strada a efficaci terapie farmacologiche per la cura del morbo di
Alzheimer, malattia devastante e invalidante, di grande impatto economico e
sociale.
Il morbo di Alzheimer (AD), e altri disordini neurodegenerativi
come la Corea di Huntington, appartengono alla famiglia di patologie che vanno
sotto il nome generico di amiloidosi per la presenza di aggregati proteici
insolubili localizzati in prossimità del sito di danno cerebrale. Questi
aggregati “amiloidi” mostrano alcune tipiche caratteristiche chimico-fisiche:
morfologia fibrillare, alta percentuale di struttura secondaria beta-sheet,
insolubilità nei comuni solventi e detergenti e resistenza alle proteasi. Nel
caso del Morbo di Alzheimer si osservano nel tessuto cerebrale le tipiche
placche senili formate da depositi extra cellulari di fibrille del peptide
beta-amiloide (Abeta). Abeta, composto da 39-43 aminoacidi, deriva dal
processamento di una glicoproteina di membrana, la proteina precursore
dell’amiloide (APP), formata da 770 aminoacidi, coinvolta nella traduzione del
segnale nucleare. La polimerizzazione di Abeta, che porta alla formazione di
fibrille ben ordinate, è caratterizzata dal susseguirsi di molteplici specie di
transizione: nuclei di aggregazione iniziali (“seeds”), piccoli oligomeri
solubili, protofibrille e polimeri insolubili, fibrille amiloidi con una
conformazione prevalentemente beta-sheet. La formazione di fibrille è un
processo di polimerizzazione nucleazione-dipendente, composto da tre fasi che
consistono nella perdita della struttura nativa (“misfolding”), nella formazione
di piccoli nuclei di aggregazione e nella formazione e allungamento delle
fibrille. Per lungo tempo le fibrille amiloidi, trovate nelle placche senili,
sono state considerate le principali responsabili della patologia
neurodegenerativa. Numerosi studi sembrano oggi convergere sull’idea che la
tossicità sia invece imputabile ad aggregati più piccoli, oligomeri, presenti
nelle fasi iniziali e intermedie del processo di formazione delle fibrille: tali
oligomeri "pre-fibrillari", solubili e instabili, hanno una spiccata tendenza a
interagire con la membrana cellulare formando pori e causando così un danno
cellulare attraverso un’inappropriata permeabilizzazione di membrana. Le
restrizioni conformazionali possono giocare un ruolo chiave nel processo di
fibrillogenesi ed è, quindi, di importanza critica studiare i meccanismi
responsabili e la cinetica di tale processo e chiarire se e come può essere
inibito o ritardato da farmaci appropriati. Inoltre nell’AD i processi di
misfolding del peptide Abeta sembrano essere condizionati dalla presenza di
alcuni metalli di transizione (principalmente Cu e Zn), che sono presenti in
elevata concentrazione nelle placche dei pazienti neurologici e il cui ruolo non
è stato ancora chiarito.
Le interazioni peptide-peptide che portano al
fenomeno di auto-associazione di Abeta con la conseguente formazione delle
fibrille possono essere modulate e influenzate da piccole molecole organiche
potenzialmente utilizzabili anche come strumenti terapeutici indirizzati contro
sia le specie oligomeriche sia quelle fibrillari. Piccoli modulatori organici
dell’interazione proteina-proteina, in grado di penetrare all’interno della
cellula, possono essere perciò molto utili per una migliore comprensione dei
processi fisiologici cellulari e per scopi terapeutici. In questa prospettiva,
le molecole aromatiche policicliche sono di particolare interesse. Esse,
infatti, sarebbero in grado di perturbare le architetture molecolari dei
precursori delle fibrille attraverso interazioni aromatiche deboli non
covalenti, come quelle di “stacking”, con Abeta. Queste interazioni includono
forze elettrostatiche, di van der Waals e solvofobiche. Come suggerito nel caso
dei polifenoli, questi composti potrebbero interagire con il sistema di
elettroni π dei residui aminoacidici aromatici di Abeta prendendo di mira il
nucleo amiloidogenico e interferendo con il meccanismo di assemblaggio in
fibrille e/o potrebbero perturbare le forze idrofobiche che mantengono in
stretto contatto le catene laterali del polipeptide interrompendo
l’aggregazione. I polifenoli sono un vasto gruppo di piccole molecole naturali e
sintetiche composte da uno o più anelli fenolici. Quelli naturali sono una
classe di sostanze vegetali presenti in alte concentrazioni nel vino, nel te,
nelle nocciole, nelle bacche e in un’ampia varietà di oltre piante. Per alcuni
di loro è stato dimostrato un effetto anti-ossidante e anti-amiloidogenico ed è
stato ipotizzato che potrebbero prevenire lo sviluppo del Morbo di Alzheimer,
non soltanto attraverso la neutralizzazione delle specie reattive dell’ossigeno,
ma anche inibendo direttamente l’accumulo di aggregati fibrillari di Abeta nel
cervello. Recentemente, è stato osservato che l’ipericina pigmento naturale,
estratto dall’Hypericum perforatum (erba di San Giovanni), largamente usato come
leggero antidepressivo, può significativamente influenzare e interferire con le
fasi precoci del processo di fibrillogenesi, giocando il ruolo di un efficace
inibitore dell’aggregazione. Inoltre, è stato visto che l’acido ferulico, un
composto fenolico presente in piante e frutta, ha un effetto sull’inibizione
dell’aggregazione e sui danni causati dagli stress ossidativi. Infine, studi
recenti sostengono che il colesterolo e gli steroli, in generale, come lo
squalene, possano inibire la tendenza di Abeta a formare fibrille, riducendo
quindi il suo effetto citotossico.
Un altro approccio farmacologico
mirato alla prevenzione della formazione di fibrille e del loro deposito è
quello di individuare composti in grado di stabilizzare la struttura nativa ad
alfa-elica e/o di destabilizzare quella non nativa a foglietto-beta che precede
l'aggregazione delle fibrille impedendone l'impilamento reciproco. Alcuni
piccoli peptidi di sintesi sono in grado di interagire con la Abeta 1-42
impedendo l'impilamento delle strutture a beta-foglietto. Questi peptidi sono
stati definiti "beta-sheet breakers" e sono omologhi della regione centrale
della proteina Abeta 1-42, in particolare del tratto compreso tra i residui 17 e
21 della proteina beta-amiloide.
Il progetto di ricerca si propone
di:
A) utilizzare e testare alcuni composti naturali potenzialmente
capaci di interagire col peptide per stabilizzare o disgregare le strutture
sopramolecolari degli oligomeri e/o delle fibrille e/o delle placche amiloidi,
per prevenire l’aggregazione e la tossicità di Abeta;
B) sintetizzare nuove
specie di "beta-sheet breakers" con struttura simile a quella della regione
17-21 della proteina beta-amiloide per valutarne l'effetto inibitorio della
fibrillogenesi;
C) sintetizzare e testare come inibitori della
fibrillogenesi di Abeta dei derivati delle endomorfine, composti che hanno
dimostrato di ridurre la neurotossicità delle fibrille in vitro;
D) studiare,
mediante prove su cellule in coltura, le basi molecolari della morte neuronale
dopo esposizione al frammento 25-35 della proteina beta-amiloide (Abeta 25-35),
frammento neurotossico che mantiene la capacità di produrre fibrille;
E)
chiarire il ruolo dei metalli di transizione.
La disponibilità di tali
conoscenze è fondamentale per progettare strategie terapeutiche contro le
malattie causate da deposizione di fibrille amiloidi e nuove molecole in grado
di interferire con questo processo.
Testo
inglese
The main goal of the project is to contribute
outline a molecular approach that can open the way to effective drug therapies
for the treatment of Alzheimer's disease, debilitating and devastating disease
of great economic and social impact.
Alzheimer's disease (AD) and other
neuro-degenerative disorders like Huntington's Corea, belong to the family of
diseases that go under the generic name of amyloidosis due to the presence of
insoluble protein aggregates located near the site of brain damage. These
‘‘amyloid’’ aggregates share some physicochemical features: fibrillar
morphology, a predominantly beta-sheet secondary structure, insolubility in
common solvents and detergents, and protease-resistance. In the case of AD
typical senile plaques are observed, made of extracellular deposits of
beta-amyloid peptide (Abeta) fibrils. Abeta, composed of 39–43 aminoacids,
derives from the processing of the cell surface glycoprotein, amyloid precursor
protein (APP), made up of 770 aminoacids and involved in the nuclear signal
translation. The polymerization of Abeta, yielding well-ordered fibrils, is
characterized by multiple transitional species: initial seeds, soluble small
oligomers, protofibrils and insoluble polymers, amyloid fibrils with a
beta-sheet conformation. Fibril formation is a polymerization process, described
by a sigmoid curve, recently suggested to be a three-stage process consisting of
protein misfolding, nucleation, and fibril elongation. In this phenomenon a key
role is played by hydrophobic interactions, backbone hydrogen bonding, stacking
interactions without any meaningful dependence on the specific peptide sequence.
For a long while the conventional view has been that AD pathology is brought
about by the amyloid fibrils found in the senile plaques, but more recently it
has been suggested that the main neurotoxic species would be the soluble
oligomeric species. These oligomers seem to be prone to form pores, potentially
inducing cell dysfunction via inappropriate membrane permeabilization.
Conformational constrains can play a key role in the fibrillogenesis process and
it is, consequently, of critical importance to investigate the molecular
mechanisms responsible for the kinetic of the fibrillogenesis process and
clarify if and how these processes can be hindered and/or delayed by appropriate
drugs. Moreover, an important, but not yet fully elucidated, role appears to be
played by transition metals (mainly Cu and Zn) that have been observed to be
present in fairly large amounts in patient’s neurological
plaques.
Peptide-peptide interactions resulting in self-assembly
phenomena of beta-amyloid peptides yielding fibrils can be modulated and
influenced by small organic molecules that might also be effective therapeutic
tools to ideally target both oligomeric and fibrillar species. Cell-permeable
small organic modulators of protein–protein interactions can, therefore, be
highly looked-for tools both for the deep understanding of physiological
cellular processes and therapeutic purposes. In this perspective, polycyclic
aromatic molecules are of special interest. They might, in fact, disrupt the
molecular architectures precursors of fibrils by means of weak, non-covalent
aromatic interactions, like stacking interactions with beta-amyloid peptides.
These interactions consist in a number of components, including electrostatic,
van der Waals and solvophobic forces. Polycyclic aromatic components could
interact with the π-electron system of aromatic residues targeting the
amyloidogenic core and interfering with fibril assembly, as suggested in the
case of polyphenols and/or perturb the hydrophobic forces that maintain in close
contact the side chains of the polypeptide thus having a disrupting effect on
fibrils formation. Under this perspective, of particular interest are the
polyphenols, a large group of natural and synthetic small molecules, composed of
one or more aromatic phenolic rings. Natural polyphenols are a class of
phytochemicals found in high concentrations in wine, tea, nuts, berries, fruits,
cocoa, and an ample assortment of other plants. Some of them have been
demonstrated to have anti-oxidant and anti-amyloidogenic effect and it has been
speculated that they could prevent the development of Alzheimer disease, not
only through scavenging of reactive oxygen species, but also through directly
inhibiting the deposition of fibrillar beta-amyloid in the brain. On this frame,
we will study the inhibitor effects on aggregation of some natural molecules. In
particular, recently, it has been shown that Hypericin, a natural pigment
extracted from Hypericum perforatum, widely used as a mild antidepressant, can
significantly affect and interfere with the early stages of polymerization
process. Furthermore, ferulic acid, a phenolic compund, present in plants and
fruits, has been seen to have an effect in aggregation inhibition and on
oxidative stress damages. Finally, following the suggestion of recent studies on
the effects that cholesterols and sterols have in general on the inhibition of
Abeta fibrils formation, we will study in vitro the effects of squalene (SQ), a
natural cholesterol precursor, on Abeta aggregation.
Another
pharmacological approach aimed to prevent fibril formation and deposition is the
identification of compounds able to stabilize the alfa-helix native structure
and/or to destabilize the non native beta-sheet structure that precedes fibril
aggregation, thus precluding the reciprocal stacking. Some short synthetic
peptides are capable to interact with Abeta 1-42 and prevent the stacking of
beta-sheet structures. These peptides are named "beta-sheet breakers" and are
homologous to the central region of Abeta 1-42, in particular to the region
containing residues 17-21.
The research project aims to:
A) use and
test some natural compounds potentially capable of interacting with the peptide
to stabilize or disrupt the supramolecular structures of oligomers and / or
fibrils and / or amyloid plaque, to prevent aggregation and toxicity of
Abeta;
B) synthesize new beta-sheet breakers" with a structure similar to
that of the region 17-21 of the beta-amyloid protein and evaluate their
capability to inhibit the fibrillogenesis;
C) synthesize and test some
derivatives of endomorphins as inhibitors of fibrillogenesis on the basis of
their capability to reduce the neurotoxicity of the fibrils in vitro;
D)
study of the molecular basis of neuronal death after exposure of the cells to
Abeta 25-35, a neurotoxic fragment which mantains the capability to form
fibrils
E) clarify the role of transition metals.
The availability of
such knowledge is essential for designing therapeutic strategies against
diseases caused by deposition of amyloid fibrils and new molecules that can
interfere with this process.
11 - Stato dell'arteTesto
italiano
Il fenomeno dell’aggregazione di proteine può
essere considerato come uno degli argomenti più interessanti e complessi
dell’odierna ricerca scientifica. Questi processi vedono la transizione di
sistemi frustrati come le proteine da una fase iniziale (precursori solubili) a
una fase finale (aggregati insolubili), e coinvolgono complesse interazioni
intra- e inter-molecolari, modulate dalla struttura nativa della proteina e
dalle proprietà chimico fisiche dell’ambiente. Molti studi indicano che una
caratteristica generale dei processi di aggregazione è costituita
dall’interazione sinergica e dal cross-feedback tra differenti meccanismi che si
verificano a differenti livelli gerarchici, dalla singola proteina agli
oligomeri e alle fibrille, in differenti scale temporali e in dipendenza dalle
condizioni esterne. Tra questi meccanismi sono di particolare rilevanza i
cambiamenti conformazionali (che eventualmente includono la formazione di
oligomeri), la nucleazione e la crescita di differenti tipi di aggregati
(strutture amorfe, fibrille, fibre e gel) e transizioni di fase dell’intera
soluzione come ad esempio il "liquid-liquid demixing” [San Biagio 1996, Harper
1997, Manno 1999, Modler 2003, Vaiana 2003, Militello 2003].
In vitro, la
variazione delle condizioni esterne, come ad esempio cambiamenti di pH,
temperatura, forza ionica o aggiunta di denaturanti può perturbare l’equilibrio
termodinamico del sistema e indurre la destabilizzazione e l’aggregazione della
proteina. Dipendentemente dalle proprietà dell’ambiente in soluzione, la diversa
interconnessione tra le interazioni proteina-proteina, proteina-solvente e
solvente-solvente può dare luogo a cinetiche e meccanismi di aggregazione
differenti. Questo può risultare nella formazione di aggregati che, sebbene
provengano dalla stessa molecola, presentano diverse morfologie, ma anche nella
formazione simultanea di specie multiple durante l’aggregazione (monomeri
parzialmente denaturati, oligomeri e aggregati di grande dimensione) [Kurana
2001, Militello 2004, Vaiana 2004, Uversky 2004, Hamada 2005, Vestergarard 2007,
Jian 2005]. In questo scenario, una serie di esperimenti e di studi
computazionali hanno suggerito che possano esistere alcune leggi fisiche
[Thirumalai 2003] oppure un principio fisico universale [Pullara 2007] che
governano il processo di aggregazione. Questi devono essere ricercati tra le
leggi che, in generale, regolano le interazioni tra la catena polipetidica e
l’ambiente circostante.
A causa delle sue implicazioni mediche, la
maggior parte degli sforzi della comunità scientifica sono concentrati sulla
caratterizzazione della formazione di fibrille amiloidi. Tali strutture
generalmente sono formate da proto filamenti, ognuno di 2-5 nm di diametro, che
si intrecciano per formare fibrille strutturate tipicamente spesse 7-13 nm
[Sunde 1997, Serpel 2000]. Esperimenti di diffrazione a raggi X suggeriscono che
strutture secondarie di tipo cross- β esistano in ogni singolo proto filamento.
Le molecole proteiche si organizzano per formare strutture β-strand disposte
perpendicolarmente lungo l’asse della fibrilla o del protofilamento [Sunde 1997,
Jiménez 1999]. Questi aggregati sono caratterizzati da una struttura comune
altamente organizzata, stabilizzata da legami idrogeno, che gli fornisce una
particolare stabilità termodinamica. Esperimenti in vitro suggeriscono che
qualsiasi proteina può dare luogo alla formazione di strutture amiloidi,
indicando che il minimo configurazionale corrispondente nell’ ”Energy landscape”
è accessibile, rappresentato da uno stato conformazionale alternativo molto
stabile [Marcon 2005, Chiti & Dobson 2006]. L’aggregazione amiloide può
avvenire solo quando una sostanziale riorganizzazione strutturale della molecola
permette la formazione di strutture specifiche: le strutture cross-beta sheet.
Tali strutture, che sono comuni a tutte le fibrille amiloidi, impongono la
crescita dell’aggregato in una dimensione [Krebs 2007]. Sono stati già proposti
numerosi modelli per i meccanismi di formazione di amiloidi [Van der Linden
2007, Gosal 2005], la maggior parte dei quali contempla meccanismi di
nucleazione sia omogenea sia eterogenea [Ferrone 1980, Ferrone 1985, Ferrone
1999, Librizzi 2005] e include la formazione iniziale di micelle [Lomakin 1997],
i cambiamenti conformazionali della proteina [Serio 2000, Uversky 2004] e le
associazioni filamento-filamento [Pallitto 2001]. Inoltre, è anche possibile che
alcune proteine si assemblino tramite meccanismi non nucleati [Modler 2003,
Hursmann 2004]. In molti casi, si é riscontrato che sia l’aggregazione
patologica che quella non patologica si verificano attraverso la formazione di
specie intermedie. Queste strutture parzialmente ordinate (oligomeri), che
contengono strutture beta, sono spesso formate attraverso un meccanismo di
assemblaggio ordinato di un nucleo ricco di strutture beta sheet. L’importanza
di determinare il ruolo nell’aggregazione di queste cosiddette “specie
prefibrillari” risiede nelle loro proprietà citotossiche. E’ stato, infatti,
suggerito che le strutture prefibrillari o oligomeri solubili siano le specie
tossiche primarie principalmente responsabili delle patologie neurodegenerative
[Goldberg 2000, Gharibyan 2007]. Per questo motivo diventa fondamentale la
comprensione delle differenti fasi che portano alla formazione di fibrille
amiloidi e/o di specie aggregate con differenti morfologie.
La
definizione a livello strutturale delle specie tossiche risulta però complicata
dal “ polimorfismo” delle fibrille che ha origine dai molteplici percorsi di
aggregazione che possono essere favoriti in differenti condizioni [Pedersen
2005, Anderson 2006]. Aggregati differenti che derivano da una stessa proteina
ma che presentano differenti morfologie (es. fibrille formate da proto fibrille
intrecciate o parallele) presentano anche differenti effetti sulle colture
cellulari [Petkova 2005 Kreplak 2006 Herczenik 2008]. Ad esempio, é stato
dimostrato che differenti morfologie di fibrille provenienti dall’aggregazione
del peptide Abeta 1-40 hanno differenti effetti tossici su colture di cellule
neuronali (Petkova 2005). L’origine del polimorfismo delle fibrille e’ ancora
non chiara. La varietà di differenti morfologie che possono derivare da processi
di aggregazione di una singola sequenza peptidica in dipendenza dall’intorno non
é ancora stata esplorata, anche se ciò potrebbe essere di notevole rilevanza per
la comprensione dei meccanismi di citotossicità in cui queste strutture sono
coinvolte. Inoltre é stato rece suggerito che il polimorfismo possa essere
collegato alla capacità dell’encefalopatia spongiforme trasmissibile di
trasmettersi tra individui anche di specie differenti.
La maggiore
comprensione del processo di aggregazione proteica potrebbe anche chiarire molti
aspetti correlati a numerose patologie neurodegenerative come il morbo di
Alzheimer e di Parkinson, il diabete di tipo due, etc. In particolare
l’identificazione delle specie tossiche può essere un importante passo verso la
formulazione farmaceutica capace di inibire l’insorgere di queste patologie,
principalmente bloccando le specie aggreganti o stabilizzando lo stato nativo
della proteina. In questo contesto deve essere tenuto in considerazione che la
presenza nell’ambiente di piccole molecole o ioni metallici può alterare i
meccanismi di aggregazione, modificare gli equilibri tra le differenti specie in
soluzione e promuovere o inibire la formazione di aggregati sopramolecolari. Un
crescente numero di osservazioni indica che i metalli di transizione nella forma
di e trivalente hanno la proprietà di accelerare il processo di aggregazione di
varie proteine patologiche come ad esempio l’alfa-sinucleina, il peptide
beta-amiloide, la beta-2-microglobulina e frammenti prionici [Capanni 2004].
D’altra parte, si è anche osservato che ioni zinco destabilizzano la formazione
di aggregati amiloidi solubili [Garai 2006, Garai 2007]. Si é osservato che una
varietà di piccole molecole organiche come ectoina, betaina, trealoisio,
citruline, congo red modifica e/o inibisce il processo di aggregazione. Inoltre,
in vitro, molti composti chimici, come ad esempio rifampicin, anionic
sulphonates e melatonina, possono interagire con le proteine e inibire o
invertire il processo di aggregazione riducendo anche la citotossicità
[Kisilevsky 1995, Tomiyama 1996, Pappolla 1998]. Ancora, sono stati identificati
piccoli peptidi, detti con sostituzioni aminoacidiche nella catena con residui
come la prolina (beta- sheet breakers) che possono legarsi ad oligomeri e
fibrille del peptide Abeta portando alla distruzione delle strutture ordinate
beta-sheet[Hilbich 1992, Soto 1996, Soto 1998, Sigurdsson 2000].
In
questo contesto, il peptide amiloide Abeta fornisce un eccellente e rilevante
modello per lo studio dei fenomeni di aggregazione e di approcci per la
stabilizzazione che possono essere applicati in via generale ad altre proteine e
peptidi. Il peptide Abeta consiste di 39–43 residui ed é il principale
costituente delle placche amiloidi nei cervelli dei malati del morbo di
Alzheimer. In vitro tale peptide può formare fibrille del tutto simili a quelle
trovate nelle placche. La sua polimerizzazione, che porta a strutture fibrillari
ordinate, è caratterizzata dalla formazione di una molteplicità di specie
transienti: semi iniziali, oligomeri solubili di piccola dimensione, proto
fibrille, polimeri insolubili e fibrille amiloidi dotate di una conformazione di
tipo beta-sheet.
La morfologia e la struttura molecolare delle fibrille
nello stato finale sono fortemente influenzate dalle condizioni in cui esse sono
cresciute. In questo contesto, numerosi studi hanno indicato che l’interazione
peptide-peptide, coinvolta nella formazione di aggregati del peptide A può
essere influenzata o modulata dalla presenza di piccole molecole organiche
[Pappolla 1998, De Felice 2007] che possono essere utilizzate a scopo
terapeutico sia per inibire la formazione di specie oligomeriche che fibrillari.
E’ stato inoltre trovato che i metalli di transizione (Zn2+, Cu2+) possono
contribuire sia alla formazione di fibrille sia all’insorgere della patologia di
Alzheimer [Bush 1994]. Il peptide contiene molti siti di legame per Zn2+ e Cu2+
e inoltre la formazione di legami intermolecolari con Zn2+ può promuovere
l’aggregazione del peptide Aβ [Bush 1994, Miura 2000], essendo di cruciale
importanza per il meccanismo di interazione [Miura 2000, Stellato 2006]. La
diversa coordinazione dei metalli può risultare in differenti morfologie degli
aggregati che può variare dalle tipiche strutture amiloidi a strutture allungate
intrecciate o nano tubi omogenei [Dong 2007]. E’ stato riportato che il Cu2+ può
sia inibire sia favorire i meccanismi di fibrillazione [Atwood 1998, Zhou 2001,
Suzuki 2001]. In condizioni sperimentali leggermente differenti, una differenza
nella coordinazione del Cu2+ può probabilmente influenzare sia la cinetica di
aggregazione sia la morfologia dell’aggregato finale [Pektkova 2005].
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Testo inglese
Protein aggregation can be certainly considered
as one of the most interesting and challenging topics in current research. It is
concerned a transition of a frustrated system like proteins from an initial
(soluble precursors) to a final phase (insoluble aggregates) involving complex
intra and intermolecular interactions, modulated by initial protein structure
and physico-chemical properties of the environment. Several studies indicate
that a general characteristic of aggregation processes is the multiple
interaction and cross-feedback among different mechanisms occurring at different
hierarchic levels, from single protein to oligomers to fibrils, and at different
time scales, depending on external conditions. Among these mechanisms of utmost
importance are protein conformational changes (possibly including oligomers
formation), nucleation and growth of different kinds of aggregates (amorphous
structures, fibrils, fibers, gels) and phase transitions of the solution like
the liquid-liquid demixing [San Biagio 1996, Harper 1997, Manno 1999, Modler
2003, Vaiana 2003, Militello 2003].
In vitro, the variation of external
conditions, as e.g. changes of pH, temperature, ionic strength, or denaturant
addition, may perturb the system equilibrium and induce protein destabilisation
and aggregation. In dependence on solution condition, the interplay between
protein-protein, protein-solvent and solvent-solvent interactions on different
length scales may give rise to different aggregation pathway and mechanisms At
the end of the aggregation kinetic, this may result in different morphologies of
the aggregates rising from the same protein and also in the simultaneous
occurrence of multiple species, during the aggregation pathway (e.g. partially
unfolded monomers, oligomers and large aggregates) [Khurana 2001, Militello
2004, Vaiana 2004, Uversky 2004, Hamada 2005, Vestergarard 2007, Jhan 2005]. In
such scenario, a series of experiments and computational studies suggests that a
universal [Pullara 2007] or at least few general [Thirumalai 2003] physical
principles which govern protein aggregation may exist. The latter are to be
sought in general interactions among polypeptide chain and the environment.
Due to its medical implications, most of the efforts of the scientific
community are addressed to the characterisation of amyloidal aggregation.
Amyloid fibrils generally consist of protofilaments, each around 2-5 nm in
diameter, that twist together to form fibrils typically 7-13 nm wide [Sunde
1997, Serpel 2000]. X-ray diffraction measurements suggest a general cross- β
structure in each individual proto-filament. The protein molecules are arranged
to form β-strands running perpendicularly to the long axis of the fibril or
proto-filament [Sunde 1997, Jiménez 1999]. Those aggregates are characterised by
a common highly organized hydrogen-bonded structure which may give them a unique
kinetic stability.
In vitro experiments suggest that any protein can
convert to amyloidal structure, thus indicating that the corresponding
configuration in the energy landscape may be accessible as a very stable
alternative conformational state [Marcon 2005, Chiti & Dobson 2006].
Amyloidal aggregation seems to occur only when substantial structural
reorganizations allow the formation of a favourable structure: the cross-beta
sheet. This structure imposes essentially one-dimensional aggregation and it is
generic to all amyloid fibrils [Krebs 2007]. Several models for the mechanism of
amyloid formation have been proposed [Van der Linden 2007, Gosal 2005], most
being based on nucleation-growth both homogeneous and heterogeneous [Ferrone
1980, Ferrone 1985, Ferrone 1999, Librizzi 2005] including initial micelle
formation [Lomakin 1997], changes in protein conformation [Uversky 2004], and
filament–filament association [Pallitto 2001]. Moreover, some proteins seem to
assemble through entirely non-nucleated processes [Modler 2003, Hurshmann 2004].
In many cases, pathological as well as non-pathological aggregation was
found to occur trough the formation of intermediate species. These partially
ordered structures (oligomers), which contain some beta-structure, are formed by
ordered self-assembly of nucleus enriched with beta-sheet. The relevance of
determining the role of these so-called “prefibrillar species” in assembly
relies on their cytotoxity. Fibril precursors, protofibrils or soluble
oligomeric aggregates have been suggested to be the primary toxic species,
principally responsible for the resultant disease [Goldberg 2000, Gharibyan
2007]. These implications make really important the comprehension of the
different steps of the process leading to the formation of amyloid fibrils and
of the different morphologies of aggregates.
The structural definition of
the toxic species is complicated by the polymorphism of fibrils rising by
multiple aggregation pathways promoted in different conditions [Pedersen 2005,
Anderson 2006]: aggregated species rising from the same protein but
characterised by distinct morphologies (e.g. twisted or parallel assemblies of
protofibrils) exhibit significantly different behaviours in cell cultures
[Petkova 2005 Kreplak 2006 Herczenik 2008]. For example, it has been
demonstrated that different A1–40 fibril morphologies also have significantly
different toxicities in neuronal cell cultures [Petkova 2005]. The origin of
fibril polymorphism is unknown. The different morphologies that could be formed
from a single peptide sequence in dependence on environment conditions are
largely unexplored even if can be really relevant in the comprehension of
cytotoxicity mechanisms. Moreover it was recently suggested that “polymorphism”
can be related to the ability of prion diseases to transmit between individuals
also crossing the species barrier [Andersen 2006, Kodali 2007].
The
increased knowledge on protein aggregation may clarify several aspects related
to several degenerative pathologies like Alzheimer's and Parkinson's diseases,
type-II diabete, etc. In particular the identification of toxic species can be
an important step towards a reliable pharmaceutical formulation able to block
the onset of those pathologies, mainly by blocking the aggregating species or
stabilizing the protein native state. In this context, it has to be taken in
account that the presence in the environment of small molecules or metal ions
can alter the aggregation pathway, modify the equilibria between the different
species in solution and promote or inhibit the formation of supramolecular
assemblies. An increasing number of observations indicate that transition
metals, in their di- and trivalent ionic form, are capable of accelerating the
aggregation process of various pathologic proteins, e. g. alpha-synuclein, the
amyloid beta-peptide, beta2-microglobulin and fragments of the prion protein
[Capanni 2004]. On the other hand, it was also observed that, zinc ions
destabilize the formation of soluble amyloid -aggregates [Garai 2006, Garai
2007]. A diverse range of small organic molecules such as ectoine, betaine,
trehalose, and citrulline, congo red have been found to modify and/or inhibit
aggregation pathway, Several compounds – for example, rifampicin, anionic
sulphonates, and melatonin [Kisilevsky 1995, Tomiyama 1996, Pappolla 1998] – can
interact with proteins and inhibit or reverse aggregation process in vitro, also
reducing citotoxicity. Moreover small peptides have been identified that have
amino acid substitutions using residues such as proline and can bind to Aβ
oligomers and fibril structures, leading to disruption of the β-sheet
conformation [Hilbich 1992, Soto 1996, Soto 1998, Sigurdsson 2000]. These
peptides have been termed β-sheet breakers.
In this context, Aβ amiloyd
peptide provides an excellent and relevant model for studying aggregation
phenomena and approaches for stabilization that may be generally applicable to
other proteins and peptides. Aβ is a peptide of 39–43 residues, main constituent
of amyloid plaques in the brains of Alzheimer's disease (AD) patients. In vitro,
Apeptide can form fibrils that are similar to those found in Alzheimer’s
plaques. Its polymerisation leading to well ordered fibrils is characterized by
the occurrence of multiple transient species: initial seeds, soluble small
oligomers, protofibrils and insoluble polymers, amyloid fibrils with a β-sheet
conformation. The final fibrillar aggregate morphology and molecular structure
is strongly affected by growth conditions. This was related to the implication
of least two distinct fibril nucleation mechanisms probably implicating
spatially heterogeneous mechanisms; moreover a strict interconnection between
morphological and molecular-level structural variations was suggested.
A
number of studies indicate that Peptide–peptide interactions resulting in
self-assembly phenomena of Aβ can be modulated and influenced by small organic
molecules [Pappolla 1998, De Felice 2007] that might also be effective
therapeutic tools to ideally target both oligomeric and fibrillar species.
Transition metal ions (Zn2+, Cu2+) were also found to contribute both to fibril
formation and to the neuropathology of AD [Bush 1994]. The peptide contains
multiple intermolecular binding sites for Zn2+ and Cu2+ [Bush 1994, Miura 2000],
and intermolecular Zn2+ binding can promote Aβ aggregation [Miura 2000, Stellato
2006] being crucial for the assembly mechanisms. Interestingly, different metal
coordination structures may result in distinct self-assembled morphologies,
ranging from typical amyloid fibrils to twisted ribbons and homogeneous
nanotubes [Dong 2007]. Cu2+ was reported to have both ihinibitory and promoting
effect on fibrillation mechanism [Atwood 1998, Zhou 2001, Suzuki 2001]. Under
slightly different experimental conditions, a difference in Cu2+ coordination
probably affects both kinetics and morphologies [Pektkova 2005].
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